Molto
si è scritto, e giustamente deprecato, in relazione all’avvilente epilogo della
vicenda “pietre d’inciampo” a ricordo dei deportati biassonesi nei campi di
sterminio nazisti.
Si
è giustamente fatto rilevare che la Lega Nord, con la decisione di collocare
una nuova stele in area da definirsi, finge di ricordare tutti per non
ricordare nessuno. A
Biassono, da tempo esiste un Monumento in ricordo ai Caduti in Guerra; venne
inaugurato il 21 maggio 1925.
La
sua originaria collocazione era all’angolo tra le attuali Via Cesana e Villa e
Via Matteotti, in quella che allora si chiamava Piazzetta della Vittoria. Il
Monumento verrà poi posizionato al centro di Piazza Italia, dove si trova
ancora attualmente, nel 1953. Venne
realizzato in pietra, marmo e bronzo in quanto si voleva durasse nel tempo.
Il
termine stesso di monumento, infatti, va inteso nel senso di “quod manet et
monet”, ovverosia ciò che permane e trasmette un preciso messaggio.
E’
legittimo domandarsi, oggigiorno, con quanta attenzione si osserva ciò che si
ha sempre sotto gli occhi.
Scriveva
Robert Musil che “nulla al mondo è più invisibile dei monumenti”. Ma
prontamente aggiungeva: “tutti sarebbero molto sorpresi se un bel mattino le
statue non ci fossero più anche se non le guardano mai e non hanno la minima
idea di che cosa rappresentino”.
Oggi
i monumenti, sommersi dal traffico urbano in piazze trasformate in parcheggi,
hanno completamente perduto il loro significato e la loro funzione in un mondo
che sembra così distante da quello dell’epoca. Compito
delle Amministrazioni comunali, anziché pensare a nuove targhe ed a nuove
lapidi, dovrebbe essere quello di fare riscoprire e tramandare, almeno in
parte, quella memoria che è stata alla base della loro realizzazione.
La
Mozione leghista, tra l’altro, chiede di rendere pubblico l’elenco dei Caduti
della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, inserendolo nel sito istituzionale
del Comune.
Ben
venga; potrebbe essere finalmente l’occasione per rendere il doveroso omaggio a
due caduti biassonesi, peraltro decorati al Valor Militare, il cui nome neppure
appare, a distanza di 100 anni dagli eventi, sulle targhe apposte al Monumento
di Piazza Italia.
Parliamo
di Giovanni Cesana e di Antonio Tremolada, i cui nomi sono stati bellamente
omessi persino nella marziale e militaresca cerimonia del 4 Novembre ultimo
scorso, 100° Anniversario della fine della Grande Guerra.
Albo d'Oro Caduti
Lombardi Grande Guerra, vol. X, pag. 195
Albo d'Oro Caduti
Lombardi Grande Guerra, vol. X, pag. 751
CESANA
GIOVANNI - MEDAGLIA D'ARGENTO al V.M. -
"
sergente, capo mitragliatrice, noncurante del pericolo, sotto l'intenso fuoco
avversario, si spingeva solo fin presso le posizioni nemiche, per scegliere una
postazione adatta a controbattere, con la propria arma, quelle avversarie.
Mentre poi vi tornava con i suoi uomini da lui incoraggiati, veniva colpito a
morte".
Montello,
20 giugno 1918.
Cesana Giovanni
TREMOLADA
ANTONIO - MEDAGLIA DI BRONZO al V.M. -
"
durante un contrattacco nemico, trascinando con l'esempio i suoi camerati, si
slanciò, per primo, con disprezzo del pericolo, al salvataggio di un cannone da
montagna rimasto avvolto dalle fiamme provocate da proiettili nemici
incendiari. Colpito in pieno da una granata nemica, lasciò la vita nell'ardito
tentativo".
Val
Popena, 17 settembre 1915.
Tremolada Antonio
E
mentre l’Assessore esterno Paola Gregato si dedica infruttuosamente alla
ricerca di vittime biassonesi delle foibe (per inciso, Le ricordiamo che per
fare approfondimenti storici occorrerebbe anche, e soprattutto, avere accesso
all’Archivio Storico comunale), ci permettiamo di suggerire, per l’ennesima
volta, all’Amministrazione di fare
degna menzione anche della concittadina Anna Maria Galliani, deceduta a Monza
il 20 febbraio 1916 in conseguenza delle ferite riportate nel bombardamento
austriaco sul quartiere di San Biagio del giorno 14.
Vittima
civile degli eventi bellici, era nata a Biassono il 25 marzo 1876 da Amedeo e
Cagnola Teresa. Coniugata a Monza con il vigile urbano Giuseppe Galbiati e
giovane madre.
Più
ci allontaniamo nel tempo da quegli eventi, più è difficile tramandarne la
memoria ed il significato.
Ma
abbiamo il dovere di farlo; a condizione che si voglia effettivamente fare
Storia e Memoria, e non propaganda.
Felice Meregalli