Non è ancora Natale, ma a Biassono abbiamo già ricevuto uno splendido dono. Un dono per tutti noi. Alessandro Sebastiano Porto, fresco vincitore dell'X Factor letterario organizzato dall'associazione Hemingway & Co in collaborazione con lo Sporting Club di Monza, ha scritto una poesia destinata a restare nella storia del nostro paese. Siamo onorati abbia scelto di affidarla alle pagine di Biassono in Progress, da sempre impegnato a promuovere le iniziative dei giovani locali sia fuori che dentro Villa Verri. Grazie alla sensibilità dell'associazione culturale Gaetano Osculati, di cui Alessandro è una delle voci più fresche, la sede degli illustri Conti illuministi ha ospitato molte iniziative che lo hanno già visto protagonista: commedie per l'evento Talent Garden dedicate agli amori trasgressivi dei fratelli Verri e alle avventure amazzoniche dell'esploratore biassonese Gaetano Osculati, ma anche presentazioni dei suoi preziosi scritti, così come i recenti spettacoli "Astra e Lucia" e "Colpa di una stella". Lasciamo dunque spazio alle sue parole e al suo talento, certi che un paese capace di crescere un artista come Alessandro, al primo anno di corsi presso l'Università degli Studi di Milano, può ancora confidare in un futuro luminoso. Anzi, illuminato e verde ;-)
Biassono, che mi sei cara e ridente,
quel San Martino al quale tu concedi
il patronato, in su tue belle genti,
mi venne in sogno e disse: “Tu possiedi
i canti e i versi, fa’ allora contenti
i biassone’, con un carme splendente.”
L’arme e gli amori, scrisse Viganò,
e allora io ve li canto, come posso,
miei compaesani, in queste strofette,
che per quel sogno ancora tutto scosso
scrivo e la penna di tremar non smette;
eccomi dunque a dire di Biasòn.
Né l’Arno o il Tevere, ma il silvo Lambro
nutre le terre di quel bel paese,
che s’incorona del gran Regio Parco:
che alberi, che prati e che distese!
Attorno a quella strada che n’è il varco,
più d’un campo la incornicia, verde e ambro.
Sempre cara, torre in Piazza Italia
veglia sulla città e sulle sue strade
e sulla pista che ci fa gran fama
e sui Verri e la villa e le contrade
e l’attenzione su di sé richiama
e i nostri sguardi un poco ei s’ammalia.
Fu calpestato il tuo suolo dai Celti,
poi t’ebbe in culla la gloria romana
che t’insegnò il buono, antico, costume
e nobiltà avesti in era cristiana
al tuo rinascer nell’era del lume
e i tuoi successi poi crebbero svelti
quando, pochi lo sanno, tu soltanto
il Regio Parco difesi da Monza
prendendo l’arme contro la città
grande, come al tempo goffa e gonza,
che ti schiacciò, ma, senza alcun viltà,
Biassono caddi, con la spada accanto.
Non solo guerra, ma quali feste
la nobiltà tenne nelle tue ville,
quando al suonare d’una cetra o un piano,
tra banchetti e baccanali, faville
faceva il nobile col sacrestano
e le duchesse, ‘sì pie e così oneste!
Ma i biassonesi or ora sì virtuosi,
lavoratori instancabili e fermi,
non sì fermano un dì di fatturare
e vanno a lavorare pur se infermi,
che il campo, sol non si sa coltivare,
e i biassonesi, nulla fa accidiosi.
Che altro posso poi dire, San Martino?
Non è che qui si faccia poi tant’altro.
Avessi un teatro potrei farlo io,
che di commedie ce ne son peraltro
da dire tante, ma in questo brusio
chi mostra alla città il suo buon cammino?
O San Martino, che m’hai fatto insonne,
ora ho parlato! Lasciami dormire.
Son di Biassono, son nato vecchio,
duman deo lavurar, non più ho da dire!
Martino ascolta, porgi l’orecchio:
qui è bella terra, ma brutte le donne.