Confrontare i dati elettorali in
una prospettiva storica è in Italia un’operazione piuttosto difficile, dato il
continuo cambiare dei sistemi elettorali. Più agevole il confronto a livello
locale, in particolare sui dati di un Comune medio piccolo come Biassono. Il
nostro paese è poi fortemente rappresentativo delle tendenze elettorali del
Nord e riflette, abbastanza fedelmente, gli equilibri di quel vasto bacino
elettorale che va dal Piemonte al Friuli, escludendo le grandi città, le zone
alpine valdostane, sudtirolesi e le propaggini delle (ex) regioni rosse. In
pratica, il cuore del centrodestra
che elegge qui ad ogni tornata e con qualsiasi sistema elettorale il grosso dei
suoi parlamentari. Di seguito qualche breve considerazione analizzando i dati del
voto alla Camera dei deputati, quello tradizionalmente più politico e di
portata generale, procedendo per “aree politico-elettorali” in una prospettiva
storica. I dati sono riferiti principalmente al voto di coalizione, o
maggioritario quando applicabile. Fonte per i dati elettorali: http://elezionistorico.interno.gov.it
Area di centro-destra
A Biassono, nel corso degli anni,
al variare dell’offerta politica qualsiasi cosa si collocasse a destra, o
meglio, al centro-destra dell’asse politico, ha sempre ottenuto un risultato
elettorale superiore al 50% dei voti, anzi tendenzialmente più verso i due
terzi dei voti che la metà.
Il voto dello scorso 4 marzo 2018, dove la coalizione di
centro destra ha raggiunto il 51,12 %,
riavvicina il centro destra alla sua serie storica dopo il risultato più basso,
il 41,4 %, ottenuto nelle politiche del 2013 a causa del fallimento dell’ultimo
governo Berlusconi e per l’avvento del Grillismo. Negli anni precedenti, la serie storica è piuttosto
impressionante: 63% nel 1994 (avvento e vittoria di Berlusconi);
69,4% nel 1996 (prima
vittoria di Prodi) sommando i voti del Polo (31,51%) e Lega (30,80%) presentatisi
separatamente; 58,4% nel 2001 (seconda vittoria di Berlusconi); 65,44% nel 2006 (seconda vittoria di Prodi); 63,7% nel 2008 (terza
vittoria di Berlusconi).
Da rilevare, per inciso, che i dati più alti sono ottenuti in corrispondenza delle vittorie del centro-sinistra. Insomma, la supremazia del centro-destra attraversa gli anni, alla faccia della fine delle ideologie, del crollo del muro, dei Grillo e degli Juncker. Cospargendosi il capo di cenere per l’inopinato confronto tra i Padri della Repubblica De Gasperi-Nenni-Togliatti e i nostri Salvini- Berlusconi-Renzi, verrebbe quasi da dire che, in qualche modo, questi risultati siano tutti lontani nipoti delle Politiche del 1948, dove la Democrazia Cristiana ottenne il 64,92% ed il Fronte Democratico Popolare delle sinistre unite il 29,45%.
Da rilevare, per inciso, che i dati più alti sono ottenuti in corrispondenza delle vittorie del centro-sinistra. Insomma, la supremazia del centro-destra attraversa gli anni, alla faccia della fine delle ideologie, del crollo del muro, dei Grillo e degli Juncker. Cospargendosi il capo di cenere per l’inopinato confronto tra i Padri della Repubblica De Gasperi-Nenni-Togliatti e i nostri Salvini- Berlusconi-Renzi, verrebbe quasi da dire che, in qualche modo, questi risultati siano tutti lontani nipoti delle Politiche del 1948, dove la Democrazia Cristiana ottenne il 64,92% ed il Fronte Democratico Popolare delle sinistre unite il 29,45%.
Focus Lega
Elettoralmente, il dato della
Lega del 2018, 31,64%, è molto più alto del flop
del 2013, 17,6%, ma non si discosta dai picchi storici del 2008
(31,3%), 1996 (31,51%) e quello, sicuramente storico, nel
decretare la fine della Prima Repubblica del 1992 (29,4%). Certo la
Lega lepenista di Salvini non è quella di Bossi, così come quella
indipendentista del 1996 non era quella ultragovernativa del 2008 ma, di fatto,
lei è sempre lì e riesce sempre a risorgere anche dopo esser stata data per
spacciata. Sa sempre trasformarsi camaleonticamente, trovando consenso sul
territorio. Il successo di questa volta è diverso e, in una
prospettiva storica, potenzialmente dirompente: per la prima volta assume la
leadership del centro-destra. Il voto del centro-destra di Biassono e del Nord
(Italia) sembra ricollegarsi ora alle recenti tendenze elettorali
austroungariche, più che a quelle del Nord (Europa).
Movimento 5 Stelle
Nelle politiche del 2018 il
Movimento 5 Stelle non ha sfondato a
Biassono, riproponendo il risultato del 2013
(19,7% contro 18%) e piazzandosi alle spalle di centro-destra e centro-sinistra.
Il dato riflette quello di tutto il Nord, escluse le ex zone rosse, con
risultati peggiori del 2013 in Piemonte, Veneto e Friuli, ma leggermente
migliori in Lombardia. Nel 2013 aveva eroso il (vasto) bacino elettorale del
centro-destra, nel 2018 probabilmente quello (molto più limitato) del centro-sinistra.
In queste erosioni multiple ci siamo persi anche un pezzo di moderati che
avevano votato Scelta Civica nel 2013. E non erano pochi: 11,74% a Biassono,
finiti forse in buona parte nel PD. Cosa che fa pensare a un apporto più consistente di quanto si possa immaginare di voti di
sinistra ai pentastellati anche a Biassono. Non esistono antecedenti
storici al Movimento, a parte forse il “Fronte dell’Uomo Qualunque”
dell’immediato dopoguerra, ma non si riscontrano voti nelle elezioni
biassonesi.
-->
Area di centro-sinistra
Non ci sono state sorprese. L’annunciato
suicidio politico dell’area di
centro-sinistra si è consumato su
entrambi i versanti del trattino, sia al centro che a sinistra, anche quella
senza trattino, annichilendo l’intera area nel mediocre confronto post
referendario tra renziani ed antirenziani, lasciando
libero il campo a Lega e 5 Stelle. Come si è visto dal crollo del PD nelle
(ex) zone rosse.
Elettoralmente parlando, comunque, a Biassono e nel Nord le cose non sono andate bene ma neanche malissimo. SI potrebbe dire che sono andate male come al solito, a parte Milano, dove le cose sono andate bene. Il 26,1% ottenuto nel 2018, sommando i voti della coalizione di centro-sinistra e quelli di LEU (presentatisi però separatamente), è sulla stessa lunghezza d’onda del risultato del 2013 (25,37%) e di quello del 2008 (28,2%). Certo deve far riflettere che il PD e i partiti collegati siano costantemente sotto i voti del centro-sinistra prima del PD. Nei suoi primi 10 anni di vita, PD e alleati alle politiche a Biassono hanno avuto il 25,71 nel 2008 con Veltroni, il 24,33 nel 2013 con Bersani ed il 23,5 nel 2018 con Renzi. L’Ulivo, nel 1996, aveva avuto il 30,8% (uninominale), il 34,29% nel 2001 (uninominale) e l’Unione nel 2006 (voto di coalizione) il 34,56%.
Questi ultimi risultati sono storicamente i migliori della sinistra a Biassono, vicini al 40% dello storico 1976, ma politicamente più significativi in quanto ottenuti da forze coalizzate. Anche se con una ben diversa organizzazione politica, come si è visto dopo… Se allarghiamo all’insieme dell’area di centro-sinistra e sinistra si può dire che dalla fondazione del PD si sia perso dall’area un terzo del già non abbondante elettorato. Certo, ci sono dinamiche europee simili che vanno molto al di là del PD, ma è altrettanto certo che in nessun Paese europeo l’area è messa così male come in Italia, sia sul versante moderato che su quello più a sinistra. La storia, anche quando è spietata, ci ricorda però che le cose possono cambiare in fretta: basta guardare la situazione dei partiti di sinistra all’indomani del 1992, elettoralmente peggiore di quella di oggi. E di cose poi, nel bene e nel male, ne sono successe tra il 1992 e il 1996. Vedremo.
Elettoralmente parlando, comunque, a Biassono e nel Nord le cose non sono andate bene ma neanche malissimo. SI potrebbe dire che sono andate male come al solito, a parte Milano, dove le cose sono andate bene. Il 26,1% ottenuto nel 2018, sommando i voti della coalizione di centro-sinistra e quelli di LEU (presentatisi però separatamente), è sulla stessa lunghezza d’onda del risultato del 2013 (25,37%) e di quello del 2008 (28,2%). Certo deve far riflettere che il PD e i partiti collegati siano costantemente sotto i voti del centro-sinistra prima del PD. Nei suoi primi 10 anni di vita, PD e alleati alle politiche a Biassono hanno avuto il 25,71 nel 2008 con Veltroni, il 24,33 nel 2013 con Bersani ed il 23,5 nel 2018 con Renzi. L’Ulivo, nel 1996, aveva avuto il 30,8% (uninominale), il 34,29% nel 2001 (uninominale) e l’Unione nel 2006 (voto di coalizione) il 34,56%.
Questi ultimi risultati sono storicamente i migliori della sinistra a Biassono, vicini al 40% dello storico 1976, ma politicamente più significativi in quanto ottenuti da forze coalizzate. Anche se con una ben diversa organizzazione politica, come si è visto dopo… Se allarghiamo all’insieme dell’area di centro-sinistra e sinistra si può dire che dalla fondazione del PD si sia perso dall’area un terzo del già non abbondante elettorato. Certo, ci sono dinamiche europee simili che vanno molto al di là del PD, ma è altrettanto certo che in nessun Paese europeo l’area è messa così male come in Italia, sia sul versante moderato che su quello più a sinistra. La storia, anche quando è spietata, ci ricorda però che le cose possono cambiare in fretta: basta guardare la situazione dei partiti di sinistra all’indomani del 1992, elettoralmente peggiore di quella di oggi. E di cose poi, nel bene e nel male, ne sono successe tra il 1992 e il 1996. Vedremo.
Il 1992 appunto: forse l’elezione in cui il Nord, così ben
rappresentato dagli elettori biassonesi, è stato più decisivo. Poi, non
mettendo mai in discussione la supremazia del centro-destra nelle sue pur molto
diverse connotazioni, ogni elezione è stata decisa dall’elettorato del Centro e
del Sud, che ha presentato fluttuazioni molto ampie ad ogni elezione. E così è
stato anche il 4 marzo 2018 che, per
diversi aspetti, ricorda il 1992. Incerto, anche pericoloso, ma interessante.
Insomma “All quiet on the northern front”. Come a Ypres, nel 1916.
Cesare Rovelli
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