Mentre
tutti sono impegnati ancora a disquisire su chi avrebbe meritato di vincere Sanremo,
in silenzio e quasi alla chetichella stiamo perdendo l’unità d’Italia.
Perché
quelli che gridano “prima gli italiani”, in realtà gli italiani li stanno
dividendo.
Sventolano
il tricolore, ma in realtà lo stanno riducendo a brandelli.
Non
teorizzano più la secessione, ma in realtà la stanno attuando.
Denunciano
i “poteri forti”, ma in realtà dividono il Paese tra chi ce la fa e chi no, su
base regionale.
Faranno
venir meno il carattere unitario e nazionale in materie come sanità ed
istruzione. E nessuno dice nulla; né gli alleati, né gli oppositori.
Nel
nostro piccolo, è emblematico, al riguardo, quanto accaduto nell’ultimo
Consiglio comunale di Biassono dove una “Mozione al parlamento italiano” per
accelerare l’iter di approvazione della legge sull’autonomia di Lombardia,
Veneto ed Emilia Romagna, ha avuto il suggello trasversale da parte del
Vicesindaco e del Presidente del Consiglio comunale, entrambi leghisti, e
inopinatamente del Capogruppo di Biassono Civica.
Mozione
approvata compattamente dalla maggioranza leghista; dei quattro consiglieri di
Biassono Civica, tre hanno a loro volta espresso parere favorevole ed una si è
astenuta; unico voto contrario, quello espresso da Lista per Biassono.
Di
seguito l’intervento e le motivazioni addotte dal nostro Capogruppo Alberto
Caspani:
“La
vicenda del cosiddetto regionalismo differenziato, già nata male con Referendum
costosissimi ed inutili e con tablet per il voto elettronico, da destinare agli
istituti scolastici, inutilizzabili, rischia di volgere in peggio.
Da
una parte la Lega Nord ne fa uno dei propri cavalli di battaglia insistendo e
premendo per una subitanea conclusione dell’iter.
Dall’altra
il contraente a 5stelle del “Contratto di Governo” che tira il freno a mano.
Alo
stato, ancora non è stata fissata la benché minima discussione e/o
approfondimento parlamentare e, nel frattempo, sono diventate sei, tra cui la
Campania, le Regioni che hanno chiesto autonomia e risorse ex art. 116 della
Costituzione. Ma non risulta siano mai state rese partecipi delle intenzioni
governative, né hanno preso parte all’Accordo preliminare.
Il
regionalismo differenziato, ancorché applicato solo in alcune Regioni, investe
comunque l’intero Paese e presuppone un impianto coerente ed organico senza il
quale si ridurrebbe al solo ed esclusivo trattenimento di maggiori risorse da
parte delle Regioni richiedenti.
Impianto
coerente ed organico che a tutt’oggi manca completamente.
Addirittura,
a 17 anni dalla Riforma Costituzionale del 2001, non esiste ancora una Legge di
applicazione dell’art. 116 della Costituzione.
L’autonomia
è una questione non facile e, soprattutto, delicata; forse anziché auspicare
accelerazioni e tempi di approvazione ultra veloci, bisognerebbe cominciare a
dare risposte al riguardo.
La
trasformazione delle competenze legislative concorrenti in competenze
sostanzialmente esclusive per alcune Regioni, senza interventi perequativi a
favore dei territori più deboli, rischia di rendere tecnicamente impossibile un
sistema nazionale, volto all’eguaglianza, per diritti fondamentali quali la
salute e l’istruzione.
Nelle
scorse settimane il Veneto ha definito, in tema di risorse, una richiesta al
limite della costituzionalità: risorse calcolate tenendo conto non solo dei
bisogni specifici della popolazione e dei territori (quanti bambini da
istruire, quanti disabili da assistere, quante frane da mettere in
sicurezza….), ma anche del gettito fiscale, e cioè della ricchezza dei
cittadini.
In
pratica i diritti (quanta e quale istruzione, quanta e quale protezione civile,
quanta e quale tutela della salute….) diverranno beni di cui le Regioni
potranno disporre a seconda del
reddito dei loro residenti.
Ne
consegue che, per averne molti e di qualità, non sarà sufficiente essere
cittadini italiani, ma occorrerà essere cittadini italiani che risiedono in una
Regione ricca.
Ci
pare che:
1)
almeno fino a quando non saranno definiti “livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale” (art. 117 lettera m della Costituzione), non si possa
attivare alcun trasferimento di poteri e di risorse ad alcuna Regione;
2)
il trasferimento di risorse sulle materie assegnate alle Regioni debba essere
ancorato esclusivamente ad oggettivi fabbisogni dei territori, escludendo ogni
riferimento ad indicatori di ricchezza;
3)
debba essere garantito il diritto di tutti i cittadini ad essere informati
dettagliatamente e costantemente in materia.
Sulla
“volontà riformatrice del governo del cambiamento” guidato dal presidente
Giuseppe Conte, infine, preferiamo stendere un velo pietoso”.
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