Diceva il conte Verri...

"La voce della verità comincia da lontano a farsi ascoltare, poi si moltiplicano le forze, e la opinione regina dell'universo sorride in prima, poi disputa, poi freme, poi ricorre alle arti, poi termina derisa: questo è il solito gradato passo che fa la ragione a fronte dell'opinione" (Pietro Verri)

giovedì 26 novembre 2020

COVID19 E LA MIOPIA POLITICA DI VILLA VERRI


Non ci siamo. L’ultimo consiglio comunale, tenutosi da remoto giovedì 19 novembre, ha messo ancor più in evidenza l’inadeguatezza della politica odierna rispetto alla complessità delle trasformazioni in corso, dettate dalla pandemia da Covid19. Dopo il primo esperimento via Zoom tentato nel periodo di lockdown “duro”, il 23 aprile scorso, la partecipazione del pubblico da casa ha raggiunto a mala pena le 140 visualizzazioni: una cinquantina in più rapportandole alla sessione precedente, ma ben al di sotto dell’1% della popolazione di Biassono. Se questi sono i risultati della “rivoluzione digitale” che lo Stato (o dovremmo dire l’Unione Europea?) sta imponendo a colpi di decreti, dovremmo interrogarci quanto meno sul livello d’efficienza delle risorse a disposizione e sull'effetto "bolla" per la partecipazione civica.
 

Prendiamo, ad esempio, la tempestività operativa del gestore Tim. Esaurito il traffico di Gigabyte dell’abbonamento privato mensile di uno dei consiglieri, per tutta la giornata del 19 novembre lo stesso consigliere ha tentato di mettersi in contatto con un operatore della compagnia, onde far ripartire l’abbonamento prima delle 20.30, orario d’inizio del consiglio comunale (il confronto telefonico con l'operatore resta infatti l'unica modalità possibile per il riavvio del traffico dati, nonostante la pubblicizzazione di una nuova app che dovrebbe consentire ogni operazione in modo indipendente). Tim ha continuato a rispondere di “non aver operatori al momento disponibili” (problema acuitosi proprio con lo scoppio della pandemia, verosimilmente per la mancanza di personale che lavora nei call center delocalizzati all’estero). Il consigliere ha così dovuto lasciare il proprio domicilio, cercando di attuare il collegamento dal municipio: quest’ultimo, però, è dotato di cavi di rete adatti solo per pc, non per dispositivi Apple; in alternativa offre un network wi-fi a bassa banda, inadatto per sostenere con fluidità il traffico di dati previsti dal consiglio comunale via Zoom. Altri consiglieri, giunti a loro volta in Villa Verri, hanno avuto invece problemi di collegamento dovuti ai filtri di sicurezza della rete comunale, impedendo l’accesso alla rete dai propri dispositivi. 


ANALFABETISMO DIGITALE


Nel frattempo, l’interrogazione di un gruppo di minoranza reclamava spiegazioni sul perché i consigli comunali non siano ancora trasmessi per via digitale, nonostante l’approvazione di un’apposita delibera. Richiesta avanzata senza essere neppure sfiorati dal fatto che, a livello pubblico, le misure di sicurezza per garantire questo tipo di servizio non riescono a essere perseguite oggi neppure su scala nazionale: come ha ben mostrato la recente inchiesta “La scuola a casa”, dedicata alla didattica a distanza, quando accettiamo le condizioni di servizio di Google, Microsoft o Zoom, i dati poi generati finiscono automaticamente negli archivi statunitensi o cinesi, gratis e senza filtro alcuno. Se è già molto grave passare informazioni sensibili riguardanti i nostri studenti e le nostre famiglie ad enti terzi, che potrebbero usarli per scopi a noi sconosciuti, ancor peggiore appare l’analfabetismo digitale di una classe politica che neppure si avvede del pericolo. Stiamo infatti trasferendo sul web non solo la vita privata di ogni cittadino, ma ora anche quella delle nostre stesse istituzioni, con dati altamente strategici, senza poter essere tutelati da applicazioni e strumenti di cybersecurity nazionali. La proposta di creare un Istituto italiano di cybersicurezza è arrivata infatti solo con l’ultima legge di bilancio, nonostante riviste tecniche come Wired denunciassero da tempo un cambio di passo, “perché è nella quotidianità dei gesti compiuti sui nostri dispositivi che si sostanzia l’esecuzione di pratiche virtuose capaci di rendere il cittadino più sicuro”. Nel 2019 l’Italia ha investito 1.3 miliardi di euro in questo settore altamente strategico, appena il 5% dei 20 miliardi spesi invece in Europa. “Siamo infatti il quarto mercato - scrive industriaitaliana.it - dopo Regno Unito, Francia e Germania. Nulla di cui andare fieri, tanto che nella sua Relazione annuale del 2018, la Banca d’Italia sottolineava la debolezza strutturale delle imprese italiane a sviluppare strategie di sicurezza informatica sufficientemente sofisticate da poter contrastare gli attacchi”. Per AgendaDigitale, la sicurezza dei Comuni italiani è addirittura un "quadro a tinte fosche". 


POCHE RISORSE PER L'AMBIENTE


Non migliore è la situazione sul fronte della tutela della sanità pubblica. Una seconda interrogazione ha puntato l’indice sull’impegno dell’amministrazione nel risolvere i disagi causati dall’emissione di odori sgradevoli sul territorio biassonese. Anche in questo caso, quasi 25 anni di battaglie dei cittadini sembrano essere finiti nel dimenticatoio. Nonostante il problema sia stato chiarito già da tempo, grazie soprattutto all’attivismo del Comitato Antiodori costituitosi a Biassono sul finire degli anni ’90, periodicamente in consiglio comunale assistiamo al rimpallo delle responsabilità d’intervento. L’unico ente in grado di presidiare il territorio resta Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente), avendo sia l’autorità che gli strumenti per effettuare controlli a tappeto, ma evidentemente risorse finanziarie non sufficienti. Questa carenza strutturale costringe ad azioni molto dilazionate e spesso “preannunciate”, dando in tal modo il tempo a chi scarica sostanze maleodoranti (e non di rado tossiche) di non essere più tracciabile. Più volte, in passato, gli indizi hanno puntato sull’azienda chimica Sir di Macherio, che dispone fra l’altro di appositi depuratori (sulla cui costante messa in funzione sussistono grandi dubbi), ma è anche chiaro che in un periodo di accentuata fragilità lavorativa qualcuno potrebbe pensare di usare la mano leggera. Assegnare l’incarico di rilevazione a un’agenzia privata (come fatto ad esempio dalla Provincia di Vicenza con Osmotech per il progetto Giada), potrebbe garantire risultati più tempestivi e oggettivi, nonché utili per attivare le procedure di polizia giudiziaria dell’Arpa, ma anche in questo caso occorrerebbero fondi comunali a disposizione per politiche ambientali (fondi che, singolarmente, le amministrazioni comunali non riescono spesso a permettersi, a meno che non si pianifichino politiche congiunte). 


DIPENDENZA STATALE


Qui, però, tocchiamo il terzo e più grave testo dolente. I fondi comunali e pubblici. Nell’analisi del bilancio consolidato, andata in scena in Villa Verri, è emersa una volta ancora la miopia della politica odierna. Benché dovessero essere evidenti a tutti i primi effetti destabilizzanti della pandemia, che ritardando l’incasso delle tasse e delle sanzioni locali ha costretto il Comune a dipendere principalmente dagli stanziamenti statali (risorsa che, nell’economia complessiva, continua ad alimentare l’insostenibile debito pubblico italiano), il dibattito ha finito per arenarsi in questioni di minimo impatto. Emblematica, in tal senso, la polemica sulle spese di gestione degli impianti del centro sportivo (è giusto mantenere attivi luce e riscaldamento quando le strutture non sono in funzione? Aiutano a preservarli dal logorio, o sono solo uno spreco?). Al contrario, le emergenze appena tamponate attraverso l’ultimo bilancio sono sintomo di un progressivo indebolimento dell’autonomia economica dell'amministrazione comunale che, nei prossimi mesi, potrebbe portare a una vera e propria esautorazione della politica locale rispetto alle scelte governative.
 

Se i Comuni saranno costretti a fare sempre più affidamento su risorse liquide statali, anziché sul potere di riscossione territoriale messo in crisi dal prolungarsi della pandemia, è altresì indispensabile individuare quanto prima nuove modalità di autosufficienza economica. Il dibattito politico sembra ormai votato fideisticamente al ruolo salvifico del “Recovery Fund”, che dovrebbe garantire soldi a pioggia per progetti territoriali ben giustificati, accettando dunque supinamente le politiche di indebitamento pubblico che hanno stremato l’Italia degli ultimi decenni. Eppure, se ancora conta far politica sul territorio, risorse alternative possono essere messe già in campo: l’obiettivo del futuro dovrebbe cioé consistere nel favorire una sempre maggior autarchia comunale, creando le condizioni per generare servizi e risorse a diretto beneficio della propria comunità. Un Comune sano, al pari di uno Stato sano, non programma il proprio futuro "a debito".  


IL FUTURO NELL'AUTARCHIA VERDE


Oggi disponiamo di tecnologie leggere che, ad esempio, permettono di limitare la dipendenza energetica dalle reti pubbliche, di organizzare piattaforme di scambio e circolazione di beni a chilometro zero, di produrre in loco, grazie a stampanti 3D, anche quei beni essenziali che siamo soliti importare. Avremmo bisogno di terreni liberi per ridare slancio all’agricoltura di sussistenza e di tutela della biodiversità, creando anche attraverso questa modalità nuovi posti di lavoro per la manodopera locale. A Biassono, però, abbiamo esaurito da tempo suolo e risorse agricole strategiche. In mancanza di una politica di riequilibrazione dei consumi (abbattimento in negativo dei livelli di edificazione, innalzamento dei livelli di disponibilità di suolo, favorendo così un bilanciamento demografico proporzionale alle risorse ambientali), andrebbe perseguito almeno un piano di accordo con amministrazioni comunali dove il trend risulti invece opposto (basse risorse demografiche e produttive, alta disponibilità di terreni a destinazione agricola). Un tema che non sfiora neppure le preoccupazioni del consiglio comunale. Biassono continua a tamponare, con giri di bilancio, le voci economiche colpite dagli effetti della pandemia, provvedendo al graduale azzeramento di capitoli giudicati “non essenziali”, semplicemente perché mancano oggi le condizioni abituali per la loro attivazione. Dalle politiche giovanili alla programmazione culturale, dallo sviluppo sostenibile del commercio al rafforzamento delle risorse ambientali, dalla riorganizzazione della partecipazione civica al lancio di nuovi progetti sociali e di consolidamento comunitario. Se la pandemia dovesse “cronicizzarsi”, un approccio simile è davvero sostenibile e accettabile su lungo termine?  


PIU’ EDUCAZIONE, MENO POLITICA

Benché siano ancora in molti a pensare che Covid19 sia il prodotto temporaneo di una sfortunata serie di concause, diventa sempre più manifesta l’agenda di ristrutturazione economica e sociale che questo “misterioso” virus, di giorno in giorno, sta agevolando affinché non sia più possibile tornare alle nostre abitudini di vita del passato. Abitudini che certo hanno causato forti scompensi negli equilibri ecosistemici e demografici globali, ma plasmate anche da un’idea di socialità e crescita personale che non possono essere sostituite dagli algoritmi politici dell’intelligenza artificiale, così come da qualsivoglia agenda che si autogiustifichi come l'unica possibile

Fra pochi mesi Biassono andrà ad elezioni amministrative, venendo privato di tutte quelle modalità di confronto, partecipazione e interazione che sono alla base di una sana democrazia diretta. La forma più alta di democrazia nota sin dai tempi della Grecia antica, ingabbiata progressivamente da meccanismi di democrazia rappresentativa sempre meno sovrana. Dopo la farsa del referendum sul taglio dei parlamentari (che, in assenza di riforme del sistema elettivo, si è al momento tradotta in un mero ridimensionamento del potere decisionale del cittadino rispetto alla classe politica, in linea con quanto era un tempo auspicato dal programma della Loggia P2), nell’ultimo consiglio comunale abbiamo avuto una nuova dimostrazione di “destrutturazione” statale, relativamente all’istituzione di un “ufficio procedimenti in forma associata” della Provincia di Monza e Brianza. Un organismo, quest'ultimo, apparentemente abolito dal punto di vista dell’elettività delle cariche da parte dei cittadini, ma di fatto rimasto in funzione attraverso la delega di potere elettivo ai rappresentanti politici locali. 

La destrutturazione delle Province - cui sono stati sottratti fondi che avevano impatto sul territorio per essere redistribuiti su politiche nazionali - è correlata all’accentuarsi di criticità di gestione locale. Se la nomina di un ufficio procedimenti in forma associata può di per sé apparire un servizio funzionale, proprio perché garantisce maggior oggettività di giudizio del personale amministrativo in caso di scontri interni al Comune (grazie all’autorità di una voce terza esterna), paradossale è il fatto che i fondi di istituzione debbano essere garantiti ancora una volta dai Comuni stessi, anziché dallo Stato. Il persistente spoglio delle risorse economiche territoriali, per quanto limitate possano essere in questo caso (Biassono è chiamato a versare 1.000 euro all’anno), va di pari passo con la sottrazione al cittadino del personale potere di controllo sulle politiche nazionali.

Avanti di questo passo, la politica stessa non può che trasformarsi in un teatro di opposizioni rispetto al quale noi sediamo in qualità di meri spettatori, chiamati a tifare per l’una o l’altra parte, senza avere però il diritto di intervenire sul preconfezionamento dei termini di dibattito e la monodimensionalità del modello economico, mettendo in campo risposte alternative all'unica narrazione concessa. La risposta alla crisi economica e sociale odierna non può più arrivare da una politica del genere, ormai svuotata del potere decisionale del cittadino, ma da una riorganizzazione dell’azione civica. Da un cambio delle regole del gioco a partire proprio dalla gestione del territorio e, di riflesso, dello Stato. In una parola, da nuove forme di educazione e partecipazione diffusa, che permettano di sviluppare strumenti critici personali, una visione del sapere transdisciplinare anziché transumana e, soprattutto, dal controllo diretto sulla produzione e i servizi.   

Alberto Caspani


16 commenti:

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  2. Benessere,
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