Diceva il conte Verri...

"La voce della verità comincia da lontano a farsi ascoltare, poi si moltiplicano le forze, e la opinione regina dell'universo sorride in prima, poi disputa, poi freme, poi ricorre alle arti, poi termina derisa: questo è il solito gradato passo che fa la ragione a fronte dell'opinione" (Pietro Verri)

lunedì 6 febbraio 2012

LA CROCE DI S.ANDREA

Il Kirghizistan all’improvviso. Varcata la porta della palestra di S. Andrea, domenica scorsa ho avuto il privilegio di respirare quell’inconfondibile aria sfatta, ma dannatamente sexy, dell’Unione Sovietica ormai sull’orlo dell’abisso. Pochi secondi, è vero, ma sufficienti per catapultarmi ancora una volta nella periferia dell’impero.

Pareti ingiallite che si sbriciolavano con un semplice colpo d’occhio. Muri forati su cui ancora si distinguevano i segni di scale mobili rimosse. Crepe da brivido sopra la testa, dentro le quali pareva quasi di distinguere le orbite dello Sputnik. E ancora strisce di tartan rappezzate, panchine dalle infide incrinature, docce divorate dall’umidità. Mio dio, che brividi! Mancava solo un busto di Frunze impolverato e una stella rossa sotto i piedi.

Peccato che la palestra delle scuole elementari non si trovasse in qualche sperduto villaggio del Pamir, ma nel cuore della Brianza ricca e operosa. E di nuovo un lampo, ma questa volta di rabbia. Anzi, d’indignazione. Veder ridotto in quel modo uno degli spazi cui ho legato alcuni dei più bei ricordi di atleta biassonese, mi ha ferito peggio ancora di un proclama di Gorbaciov.

Checché sostenga la giunga leghista, ovvero che il destino della scuola di S. Andrea sia segnato (vedi ultimo documento a fondo pagina, clicca qui), nulla giustifica il vergognoso stato d’abbandono odierno. Almeno sino a quando gli alunni non avranno la garanzia di allenarsi in un altro spazio attrezzato, quella palestra va ristrutturata, messa in sicurezza e tenuta in modo dignitoso. Oggi, invece, è solo un’offesa allo sport e alla memoria. All’immagine di una scuola che un tempo era l’avanguardia dell’architettura in paese e uno spasso per chi ci andava a giocare.

Dopo aver assistito al saccheggio delle vecchie attrezzature sportive nei locali di deposito, dopo aver accettato con l’amaro in bocca la rimozione di tutte le attrezzature utili ad allenarsi (scale, funi, pertiche, quadro svedese, tutti oggetti di pericolosissimo impatto per le maestre del 2012), dopo aver udito dell’inusitata idea di dover pagar l’affitto per le ore concesse dal Comune alle attività organizzate nelle proprie strutture, l’Aics Atletica Biassono continua ad allenarsi stoicamente in una palestra da ghetto (incrociando però le dita, affinché non tornino quelle stesse piogge che in autunno l’hanno costretta a lungo all’aperto). Così fa l’associazione del basket Biassono, così insistono gli affezionati della pallavolo. Così, soprattutto, è richiesto agli alunni iscritti al plesso di S. Andrea.

Eppure è una lotta contro il tempo. Bisogna solo sperare che la guaina dei tubi del gas non si stacchi del tutto, o che qualche bimbo imprudente non si metta a giocare con i fili scoperti della corrente. Se la giunta ha deciso di condannare S. Andrea anzitempo, ben venga: forse qualcuno sarà felice di veder abbattuta una scuola a pochi passi dal Parco di Monza, ideale per sfruttare l’abbondante irrorazione del sole e il cui recupero mai costerà quanto una faraonica operazione di compra-svendita comunale; ma sicurezza e dignità sono due requisiti che non possono mancare mai nella gestione delle risorse di Biassono. A meno che non si sia deciso di trasformarsi nel nostalgico reperto di un mondo già da tempo condannato.
Alberto Caspani    

3 commenti:

  1. a quanto eccellentemente espresso da Alberto, è ulteriormente incivile, indecoroso ed indignante sapere che in un paese della brianza ricca ci sono e ci saranno generazioni di bambini che hanno dovuto subire nella loro età scolare (almeno nelle elementari) ambienti malsani, caldissimi, rumorosissimi, affollatissimi per gli spazi concessi, struttura decadente e degradata con rischi reali al limite del lecito e forse anche oltre.
    E... questi bambini non potranno rifare la stessa esperienza in un altro posto, rimarrà per tutta la loro vita il ricordo di una scuola poco accogliente, fastidiosa da cui fuggire appena possibile..... ESATTAMENTE IL CONTRARIO DI QUELLO CHE DEVE ESSERE UNA SCUOLA!!!!!

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  2. Lasciano degradare un edificio degno di nota, opera dell'Architetto Paolo Favole, di non antica realizzazione, essendo del 1978, per incuria al solo scopo di fare spazio ad operatori che sapranno vendere a caro prezzo il suolo adiacente al Parco.
    No, non è questione di soldi, basti pensare che solo un anno fà, i nostri amministratori, gli stessi di oggi,hanno deciso di estinguere anticipatamente alcuni mutui perchè in cassa avevano un eccedenza di soldi e non hanno pensato di sistemare la scuola.
    Poca lungimiranza? Forse. A mio parere non sanno progettare un futuro per il nostro paese e cosi lasciano spazio agli appetiti della speculazione edilizia, sempre pronta a papparsi il territorio a danno dei suoi cittadini.
    Si, cari amministratori, non temete, Biassono vi ricorderà a lungo, come ci ricordiamo ancora di Attila e degli Unni.
    Paci

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  3. Smarrimento e sconforto.

    Nel lontano 1978, all’età di 20 anni, entrai per la prima volta nella Scuola S.Andrea di Biassono, maestra neo diplomata e piena di entusiasmo nell’affrontare per la prima volta quello che sarebbe stato, ed è tuttora, il mio lavoro. In quella nuovissima scuola mi trovai a collaborare con altre colleghe, giovani insegnanti come me, assegnate alle attività “integrative”, allora si definivano così le attività espressive (disegno, pittura, musica, manipolazione e drammatizzazione) che si svolgevano nel pomeriggio, dopo le lezioni curricolari del mattino. Altri tempi.
    Ci animava una grande voglia di fare, di rinnovare quella scuola un po’ stantia, ancora separata dalla dinamica della vita sociale, che ignorava le concrete necessità dei bambini e si avviava, anche se un po’ a rilento in Brianza, alla sperimentazione del Tempo Pieno, sperimentazione che avrebbe cambiato la scuola elementare nei decenni successivi, portandola a livelli qualitativi considerati tra i migliori in Europa. Altri tempi.
    E a Biassono avevamo a disposizione la struttura adatta a perseguire un obiettivo di tale portata.
    Una scuola che tutti ci invidiavano per la sua forte impronta innovativa nella distribuzione degli spazi, per essere stata concepita in funzione dei bambini che dovevano sperimentare e vivere la scuola in modo attivo, così come i tempi richiedevano.
    Potevamo disporre di un’ampia sala ad anfiteatro dove si organizzavano spettacoli ed eventi in diverse occasioni durante l’anno scolastico; ogni aula aveva una scala interna che conduceva a un proprio laboratorio al piano rialzato (quasi fantascienza, allora come oggi), fornito di lavandino e tavoli per svolgere le attività di pittura e manipolazione; esisteva un terrario esterno dove ogni classe poteva sperimentare il ciclo della semina e del raccolto di piccole piantine, e poi un giardino esterno dove giocare nelle belle giornate.
    Ricordo aule luminosissime, una magnifica vista sugli alberi del Parco di Monza, una mensa accogliente e un’attrezzata palestra.
    Non entro nel plesso di S.Andrea da quasi trent’anni e conservo il positivo ricordo di come era allora. Leggere la terrificante descrizione che ne fa Alberto (non lontana da ciò che rilevano genitori e insegnanti che la vivono ogni giorno) mi riempie di smarrimento e di sconforto.
    È possibile che bastino 30 anni per trasformare un fiore all’occhiello in un fatiscente stabile degno di un paese sottosviluppato? Sicuramente oggi la scuola necessita di un buon intervento di ristrutturazione (ma demoliamo forse le nostre case dopo soli 30 anni?).
    È tempo che la politica si prenda le proprie responsabilità e riveli il piano perverso che ha portato a svalutare ignobilmente S. Andrea mirando alla sua sparizione. Un piano sul quale tutti noi abbiamo diritto a dei chiarimenti per evitare che Biassono perda questo valore storico e culturale che appartiene a tutti, a prescindere dalla sua destinazione d’uso futura.
    Vittoria Sangiorgio

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