La
giunta leghista ha posto la prima pietra. Ma sarà un macigno di oltre un milione di metri cubi a prendere forma sugli ultimi terreni liberi di Biassono:
votata in consiglio comunale l’ammissibilità del Masterplan presentato dallo Studio Archetipo, nel quale è illustrato il progetto di edificazione di nuove
aree industriali e commerciali sui circa 300mila metri quadrati lungo il
confine con Lissone, l’allarme lanciato da Lista per Biassono è salito già alla
soglia di emergenza.
Se
non basta neppure un ricorso al Tar per bloccare la fame di terreni, destinata
a fagocitarsi in capannoni una superficie coperta di ben 90mila
metri quadrati (su 120mila di superficie lorda di pavimento), è davvero
tempo che i cittadini alzino la voce. In attesa che il giudice si pronunci sul
ricorso economicamente sostenuto dalla nostra lista nel 2011-2012, e nella
speranza venga almeno applicata la sospensiva sugli eventuali futuri atti
esecutivi del Masterplan, resta una sola via per evitare il peggio: indire -
per la prima volta nella storia del nostro paese e in linea con quanto previsto
nello Statuto comunale (Capo VI, art.24 e 25) - un referendum consultivo che permetta a tutti i
biassonesi di ribadire il proprio no a un’operazione economicamente inutile,
nonché gravissima dal punto di vista dell’impatto ambientale e paesaggistico.
Lista per Biassono lo ha detto e ripetuto anche nell’ultima seduta del consiglio
comunale, andato in scena martedì scorso: i conclamati benefici per il nostro
territorio sono una mera supposizione non supportata da alcuno studio
statistico, visto che si attribuiscono magici poteri attrattivi a due opere
pubbliche su cui pendono oltretutto forti dubbi di realizzazione. Pensare che
la creazione della nuova strada provinciale lungo il confine con Lissone, al
pari dell’arrivo dell’altra devastante arteria Pedemontana, possano da sole
risollevare un contesto produttivo messo in ginocchio dalla globalizzazione, è
poco più che un’illusione. Altri sono oggi i mezzi mediante cui le piccole e medie aziende stanno faticosamente tentando di risalire la china, puntando in
primis sull’iperspecializzazione del proprio know-how, anziché su unità
produttive risibili di fronte ai grandi competitor del mercato odierno.
Dall’altra, il coma profondo dell’economia interna italiana non rende affatto
appetibile il nostro Paese per investimenti di questo tipo, per lo meno su
medio periodo. Meri specchietti per allodole si sono poi dimostrate le promesse di utilizzare l'ambito di trasformazione n.1 per delocalizzare le attuali aziende biassonesi presenti nell'area del Parco Valle Lambro: bastino i casi della Teaflex o dell'ex Fonderia nei pressi di Via delle Vigne per rivelare come la giunta leghista, anziché adoprarsi per ridurre il loro impatto, lo abbia altresì aggravato.
Ma
a sorprendere, martedì scorso, è stata soprattutto la totale mancanza di una
visione sovracomunale in merito all’operazione Masterplan: come abbiamo
rilevato sulla scorta delle osservazioni di Lega Ambiente di Monza e Brianza,
tutta l’area in questione (Ambito di Trasformazione n.1 del PGT di Biassono) si
trova nel “corridoio trasversale della rete stradale della prevista Strada
Provinciale 6 (SP6), che necessita di una fascia di rispetto di 500 metri dall'asse stradale della prevista SP6. Opera, fra l'altro, che deve essere di carattere "panoramico-paesaggistico". Lo si può rilevare nella tavola 6° del PTCP (Piano territoriale di coordinamento provinciale) e all’articolo
32 delle sue Norme di Attuazione. In particolare, al comma 3 di tale articolo
si dice chiaramente che “non sono fatte salve le previsioni degli ambiti di
trasformazione di cui al Documento di Piano del PGT”. Come noto, il PGT di
Biassono è stato approvato prima del PTCP di Monza e Brianza: il primo è
vigente dal 10 gennaio 2013, il secondo dal 23 ottobre 2013 e, quindi, il PGT
non ha potuto tenere conto di tali previsioni sovracomunali.
In
seconda battuta, anche qualora venisse data un’interpretazione più permissiva (vincolo
solo nella Rete verde di cui alla tavola 6° e all’articolo 31 delle Norme del
PTCP), risulta comunque necessaria un’intesa con la Provincia (art.32 e 34,
comma 3) e con tutti i Comuni che fanno parte di quell’ambito d’interesse
provinciale (AIP – tav. 6d). E’ quindi del tutto inutile aver approvato un
Masterplan in variante al PGT vigente e in totale assenza dell’Intesa prevista.
Qualora infatti sia la Provincia che gli altri Comuni (Vedano, Lissone e Monza,
questi due ultimi fra l’altro contrari a un ulteriore consumo di suolo) non
dessero il loro consenso alle edificazioni dell’AIP, il Masterplan sarebbe da
buttare.
Infine,
è la stessa Commissione europea che, attraverso propri studi, ha additato
l’eccessivo consumo di territorio nel Vecchio Continente: la nostra Provincia è
la seconda più cementificata in Italia, dopo l’area di Napoli-Caserta, con un
tasso di consumo del territorio destinato a salire all’80% secondo le
previsioni del PGT. L’invito, al contrario, è quello di utilizzare e mettere a
reddito gli ultimi terreni agricoli strategici attraverso “cinture verdi” sovraterritoriali:
stimolo raccolto proprio dal Parco del Grugnotorto (dove recentemente sono
stati inclusi i terreni di Monza e Lissone) e della Brianza Centrale, che
attendono di essere ricongiunti proprio all’altezza di Biassono.
Oltre
alle grandi opportunità economiche che i parchi territoriali oggi offrono (a
Biassono i consorziati del Masterplan potrebbero essere proprio i beneficiari
di quest’operazione verde), va ricordata la funzione ormai fondamentale dei
terreni liberi e non impermeabilizzati dal cemento: un ettaro di suolo “cementificato” fa evaporare una quantità
d’acqua tale per cui viene impiegata l’energia prodotta da 9000 congelatori,
circa 2,5 kWh, per rendere quel terreno arido.
Supponendo che l’energia
elettrica costi 0,2 EUR/kWh, un ettaro di suolo impermeabilizzato fa perdere circa
500mila euro solo a causa del maggior fabbisogno energetico. Se moltiplichiamo
questi valori per 9, quanti sono gli ettari di Biassono soggetti a
cementificazione, l’impatto ambientale sarebbe devastante.
Per non parlare dell’inquinamento: un albero calato all’interno di un contesto urbano cattura
100 grammi netti di polveri sottili l’anno (dato da non trascurare, tenendo
conto l’altissimo livello d’inquinamento atmosferico cui è soggetta la nostra
zona di pianura). Calcolando
i costi di riduzione delle polveri, piantare un albero in città significa invece
investire 40 euro all’anno.
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Tutte queste osservazioni non hanno smosso di un millimetro la
giunta, che in barba a ricorsi al Tar, a tempistiche d'approvazione da verificare, nonché alla contrarietà di oltre la metà della
cittadinanza biassonese al programma della Lega Nord in occasione delle ultime elezioni amministrative, è più che mai decisa ad accelerare i tempi di
realizzazione del Masterplan. Noi abbiamo affidato ironicamente la nostra
dichiarazione di voto alle parole di un testimonial pronto a scendere in campo,
ogniqualvolta sul territorio incombano inutili speculazioni edilizie. Naturalmente il Presidente del Consiglio Comunale ha visto bene di azzittirci anzitempo. Contro
nuovi “alberi di trenta piani”, Lista per Biassono chiama alla mobilitazione tutta
Biassono: che il referendum consultivo metta finalmente una pietra sopra questo inutile Masterplan!
Grazie per aver posto l'attenzione sull'ennesimo intervento speculativo del solito imprenditore, che non solo non è mai stato limitato, nell'interesse della cittadinanza, ma anzi è stato in tutti i modi favorito (si veda l'intervento di edilizia convenzionata).
RispondiEliminaBen venga l'iniziativa del referendum a difesa delle ultime aree verdi del comune, nella speranza che l'amministrazione leghista "apra gli occhi" su ciò che i cittadini Biassonesi desiderano.
Bella iniziativa, grazie
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